In Italia ogni anno 20 milioni di persone accedono ad un pronto soccorso: in pratica una persona su tre della popolazione, e di queste il 70% lo fa perché ha male.
Un male inteso come problema principale, ma anche come problema accessorio rispetto ad altri sintomi. In breve vuol dire che ogni minuto in Italia in un pronto soccorso arrivano 30 persone che hanno male. Da questa “enormità” discende la necessità di intervenire. Noi abbiamo delle esigenze che sono prima di tutto una diffusione di cultura. Cultura vuol dire raccogliere le evidenze che ci sono in letteratura scientifica, ma una volta che la cultura è stata raccolta e rielaborata, deve essere trasmessa, quindi la seconda esigenza è fare formazione.
La società che io presiedo, la Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza, ha costruito una rete formativa che da un paio d’anni ha scelto il trattamento del dolore come obiettivo prioritario: la formazione sul trattamento del dolore.
Il terzo punto decisivo è l’alleanza con i pazienti: lavorando da soli non potremmo conseguire il nostro obiettivo, ovvero offrire una risposta adeguata a questo problema fondamentale che interessa milioni di persone ogni giorno in Italia.
Il punto più critico in questo campo è, secondo me, proprio l’interazione con i pazienti, in particolare con quelli che hanno maggiori difficoltà di interazione: ad esempio con i bambini piccoli, o con gli anziani con qualche problema cognitivo.
Con questi bisogna costruire un’alleanza, e prima di tutto interagire in modo positivo.
Poi teniamo presente che abbiamo a disposizione una cinquantina di farmaci con una quindicina di vie di somministrazione diverse, perciò disponiamo di possibilità enormi.
È necessario che, all’interno di queste possibilità, gli operatori della salute sappiano muoversi in modo adeguato, con interventi formativi focalizzati, e che siano in grado di costruire un’alleanza con i pazienti. Molto spesso, infatti, c’è la possibilità di fare auto-somministrazione, ovviamente preceduta da un’adeguata educazione sanitaria.
Ciò permette a volte di risolvere il problema senza arrivare ad un pronto soccorso, ma direttamente a casa propria, facendo riferimento al proprio medico di medicina generale oppure alle strutture territoriali.