Il 22 settembre 2016 si celebra in Italia il primo Fertility Day, una giornata nazionale dedicata alla Fertilità voluta e pianificata dal Ministero della Salute proprio nel 2015 alla luce degli “allarmanti” dati sulla denatalità nel nostro Paese. Questa iniziativa vuole essere occasione per sensibilizzare, informare ed educare su un tema cruciale ancora troppo poco conosciuto: la preservazione della fertilità e le possibilità che oggi la medicina offre alle coppie in cerca di un figlio.
L’interesse nazionale per la fertilità parte da un dato allarmante lanciato proprio nel 2015, all’indomani delle sostanziali modifiche della Legge 40 sulla PMA e della pubblicazione delle nuove linee guida diramate dal Ministro Lorenzin in tema di fertilità e PMA. Secondo i dati divulgati dal Ministero della salute in Italia su 10 coppie il 20% ha difficoltà a procreare: il doppio rispetto a vent’anni fa. Circa il 40% delle cause di infertilità sarebbero dovute alla donna, l’altro 40% all’uomo e un ulteriore 20% è invece di natura mista.
L’esigenza di “fare cultura”, sensibilizzare e informare su cosa sia e come si preserva la fertilità è quindi al centro del Fertility Day, un evento su scala nazionale che coinvolge Sindaci dei Comuni, gli Ordini dei Medici, le Società Scientifiche, le Farmacie e anche scuole e famiglie. Sono infatti previsti eventi in-formativi in tutte le piazze d’Italia e nei teatri locali proprio per mettere a fuoco problematiche come la denatalità, la genitorialità, la diagnosi e la prevenzione delle malattie che possono minacciare la possibilità di avere un figlio.
Il Fertility Day si inserisce nell’iniziativa più ampia prevista dal Ministero della Salute in favore della fertilità che promuove il cosiddetto Piano per la fertilità. Tale piano mette al centro delle politiche sanitarie proprio l’importanza della genitorialità, puntando su iniziative di prevenzione nonché di formazione in tema di procreazione.
Fertilità: un “patrimonio” da proteggere
Tra le cause della ridotta fertilità che si registra negli ultimi anni, gioca un ruolo primario la tendenza delle donne ad avere figli in età sempre più elevata. Ogni donna nasce con un corredo predefinito di ovociti nelle ovaie che tende a diminuire nel tempo fino ad esaurirsi. La fertilità diminuisce a partire dai 30 anni con un trend più significativo dopo i 40.
Il declino della fertilità non risparmia neanche gli uomini, la cui capacità riproduttiva sembra ridursi nel tempo, anche se in misura minore rispetto alle donne. Negli uomini la situazione si complica ulteriormente a causa dell’influenza negativa esercitata sulla fertilità da fattori ambientali, primo fra tutti la temperatura, come anche l’inquinamento. L’innalzamento anomalo della temperatura ambientale dovuta al surriscaldamento globale ha dimostrato di ridurre la salute degli spermatozoi in termini di numero, vitalità e velocità, come spiegano gli esperti andrologi e specialisti della riproduzione che proprio quest’anno ad Abano si sono incontrati per discutere sul tema.
Inoltre, il fattore cruciale dell’età avanzata non solo influenza negativamente il concepimento naturale ma riduce le probabilità di riuscita delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita, l’insieme di trattamenti chirurgici, farmacologici, ormonali, ecc, messi in atto per favorire il concepimento e portare a termine la gravidanza quando questo non avvenga spontaneamente.
Prevenire l’infertilità fin da giovani: una responsabilità collettiva
L’osservazione costante durante l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza è uno strumento molto efficace di prevenzione dell’infertilità, in quanto permette di riconosce in modo tempestivo patologie, congenite o acquisite, che possono mettere a serio rischio la fertilità in età adulta, sia nei maschi che nelle femmine. Basti pensare a patologie maschili come varicocele, ipogonadismo, criptorchidismo che se trascurate sono spesso cause dell’infertilità nell’adulto.
Nelle femmine sembrano essere i disordini alimentari, le infezioni genitali e i disturbi dell’ovulazione i principali nemici della fertilità che necessitano di diagnosi precoce per evitare spiacevoli conseguenze da adulte.
Eterologa: una nuova frontiera anche in Italia ma ancora “inaccessibile”
La fecondazione dell’ovocita è la parte più importante e delicata del percorso di PMA. Le tecniche oggi disponibili permettono due diverse modalità di fecondazione, omologa se i gameti utilizzati appartengono alla coppia, eterologa se provengono da donatori esterni alla coppia. In Italia la fecondazione omologa è praticabile da quando entrò in vigore la legge 40 del 2004, mentre l’eterologa non era prevista. Tanto che per le coppie italiane spesso fecondazione assistita è stata sinonimo di un vero e proprio viaggio della speranza alla ricerca di un figlio presso i centri all’estero. E’ solo con la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014 che l’eterologa è praticabile anche nei centri di PMA del nostro paese. Tuttavia, l’accesso a questa tecnica in Italia è ancora irto di difficoltà:
- prima fra tutti la mancanza di donatori di gameti (spermatozoi e ovuli), che per legge devono essere volontari, ma che a causa della mancanza di campagne sull’argomento scarseggiano, quindi il numero di coppie a richiedere tale tecnica supera di gran lunga quello dei donatori sia di centri pubblici che privati.
- la burocrazia poco chiara e incerta. Troppo spesso i centri pubblici convenzionati non conoscono le procedure di rimborso delle spese e la tecnica rimane a totale carico delle coppie, con spese molto esose che in Lombardia raggiungono addirittura i 2000 euro.
l’impedimento ancor più eclatante è la mancanza di centri pubblici funzionanti in tutta la penisola che pratichino l’eterologa. Si contano sulle dita, quasi, i centri riconosciuti e in grado di effettuarla, se pensiamo che stando al sito dell’Istituto Superiore di Sanità risultano centri pubblici in Toscana (Firenze e Cortona – AR), a Pordenone e a Bologna; mentre gli altri piccoli centri sono privati e si trovano solo al centro-nord.
Ultimo aggiornamento 27/05/2016