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Il dolore pelvico cronico: cos’è e quali approcci terapeutici

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Il Prof. Stefano Salvatore, Ricercatore all’Università “Vita e Salute” e Responsabile dell’Unità Funz. di Uroginecologia presso l’Ospedale San Raffaele di Milano ci spiega in che cosa consiste il dolore pelvico cronico, mettendo in evidenza gli approcci terapeutici e gestionali di questa patologia.

Il dolore pelvico cronico è una condizione caratterizzata dalla presenza di sintomatologia dolorosa per almeno sei mesi in assenza di patologie organiche, quali l’endometriosi, o di problematiche legate a disfunzioni, quali calcoli ecc.

È sicuramente una malattia di genere, perché colpisce con un rapporto fino a 9:1 il sesso femminile, ed è caratterizzata dalla presenza di dolore in tutto il pavimento pelvico, che può interessare il basso tratto urinario, con dolore alla minzione o nella fase di riempimento vescicale, oppure il tratto genitale, con presenza di dolore durante i rapporti, che può essere superficiale o profondo, così come dolore durante l’evacuazione intestinale. Questa sintomatologia è in realtà spesso presente in diverse manifestazioni concomitanti, e può interessare più apparati pelvici nello stesso momento.

Per quanto riguarda l’approccio terapeutico e la gestione del dolore pelvico, le possibilità oggi sono diverse. Non esiste una panacea, ma è una delle sfide più importanti da affrontare per chi si occupa di disfunzione pelvica. Si può cominciare da un approccio di tipo comportamentale, cercando di evitare cibi o bevande che in qualche modo possano essere irritanti sul basso tratto urinario, come cibi piccanti, piuttosto che bevande gassate, fritti, cioccolato, che può essere pro-infiammatorio, mantenendo quindi una dieta il più possibile appropriata. L’altro aspetto importante è che si può iniziare anche con una terapia farmacologica, per così dire di prima linea, in cui il dolore pelvico cronico può essere trattato con molecole che interagiscono con alcune sostanze liberate dai mastociti – le cellule che intervengono nei processi infiammatori – e in maniera concomitante ripristinando il film che ricopre l’epitelio transizionale della vescica, che spesso è danneggiato nei pazienti con cistite sia interstiziale sia batterica, ovvero tramite l’utilizzo di acido ialuronico associato a condroitin solfato.

Questo permette di far riacquistare all’epitelio transizionale uno dei più importanti elementi di difesa a sua disposizione, e quindi di non venire a contatto con agenti irritanti che scatenerebbero poi il dolore. Sul fronte dei rimedi, oltre all’acido ialuronico e al condroitin solfato, esistono anche farmaci come i neurolettici, fino ad arrivare alla neuromodulazione sacrale. Quest’ultima sfrutta un principio del sistema nervoso, quello della neuroplasticità, cioè la capacità di modulare un segnale del sistema nervoso attraverso correnti elettriche. L’utilizzo di elettrodi che vengono inseriti nelle terminazioni nervose periferiche, come il nervo pudendo, o a livello delle radici sacrali, è in grado di resettare in qualche modo l’invio del messaggio dalla periferia verso i centri superiori, cercando di ridurre la parte nocicettiva, cioè quella che convoglia il dolore