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Ipertrofia dei Turbinati

L'ipertrofia dei turbinati è tra le principali manifestazioni cliniche delle rinopatie vasomotorie allergiche e non allergiche e costituiscono la più importante causa di ostruzione nasale sintomatica.

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Cosa sono i turbinati?

I turbinati sono formazioni anatomiche poste a rilievo sulla parete laterale delle fosse nasali, ad essi corrispondono altrettante depressioni chiamate meati.
In genere si hanno 3 turbinati per fossa nasale: inferiore, medio e superiore, in alcuni soggetti esiste un quarto turbinato, il supremo.
I turbinati assolvono compiti fondamentali nell’ambito dell’apparato respiratorio:

  • Favoriscono lo scambio termico
  • Umidificano e filtrano l’aria inspirata
  • Proteggono l’organismo dalla disidratazione trattenendo la maggior parte del vapore acqueo

Essi esercitano anche un adeguato livello di resistenza inspiratoria, decisivo per la respirazione polmonare profonda. Inoltre, appartenendo i turbinati inferiori,con la loro porzione cefalica, all’area della valvola nasale, favoriscono la trasformazione del flusso aereo da laminare a turbolento, condizione quest’ultima che incrementa l’interazione tra aria inspirata e mucosa nasale. Quali componenti predominanti di tale sottosede, essi svolgono in definitiva un ruolo centrale nel condizionamento della corrente aerea nasale e nell’insorgenza di un’ostruzione respiratoria.

Alcuni soggetti presentano un aumento del loro volume (ipertrofia) che impedisce la normale respirazione nasale; il paziente, in questo caso, riferisce ostruzione nasale mono o bilaterale con respirazione a bocca aperta, conseguente secchezza delle fauci, rinorrea e possibile russamento notturno (bisogna considerare che il russamento potrebbe avere altre diverse cause).

Le cause dell’ipetrofia dei turbinati

Tra le maggiori cause di ipertrofia dei turbinati abbiamo le riniti allergiche e quelle da ipereattività nasale aspecifica.

Le prime, sono sostenute da allergie che possono essere stagionali o perenni ed il paziente riferisce ostruzione respiratoria, starnuti, fuoriuscita di materiale sieroso (rinorrea), prurito e bruciori; le seconde, quelle da ipereattività nasale aspecifica, sono legate ad una reazione simil allergica con una sintomatologia non molto differente da quella allergica caratterizzata per lo più da ostruzione nasale e rinorrea.

In questo caso il paziente può riferire dei disturbi in base al caldo od al freddo, in base a variazione di posizione o di umidità, in base allo stato emozionale o anche al fumo di sigarette.

La diagnosi di ipertrofia dei turbinati

Lo studio del paziente con ostruzione respiratoria nasale da ipertrofia dei turbinati inferiori,non può prescindere da una valutazione endoscopica delle fossa nasali mediante fibre ottiche rigide o flessibili. La semplice rinoscopia anteriore,oggi,non’è piu sufficiente per un’adeguata indagine in quanto non ci consente di visualizzare la porzione posteriore del turbinato inferiore, che per il suo volume può essere sorgente meccanica di ostruzione nasale.

Le indagini ed esami attualmente a disposizione del Clinico volte a quantificare l’ostruzione respiratoria nasale ed individuarne la causa oggi sono:

  • Endoscopia nasale: preferibilmente con ottiche rigide a 0°o 30°, meglio ancora se flessibili.
  • Indagini radiologiche: ad oggi la T.C. in tre proiezioni è considerata il gold standard tra le tecniche di imaging del distretto rinosinusale. Nella pratica clinica non viene generalmente impiegata come metodica di routine e trova applicazione solo in caso di sospetta patologia rinosinusale concomitante.
  • Prick test (test epicutanei): Rappresentano i più comuni test cutanei utilizzati; sono rapidi, sicuri, specifici ed economici.
  • Citologia nasale: prelievo con spatole di materiale plastico. Costituisce un esame diagnostico fondamentale nella ricerca di immunoflogosi e di degranulazione (eosinofili, mastocellule, linfociti). E’ utile nella differenziazione tra rinite specifica, aspecifica ed infettiva.
  • Rinomanometria: misurazione del flusso aereo all’interno delle fosse nasali, che consente una determinazione oggettiva della funzionalità respiratoria nasale e di conseguenza del grado di ostruzione. Si può eseguire in condizioni basali oppure in associazione a decongestionanti nasali, consentendo di differenziare un’ostruzione respiratoria nasale da cause funzionali (ipertrofia dei turbinati inferiori) da un’ostruzione dovuta a cause anatomiche (deviazione del setto nasale).

Ipertrofia dei turbinati: un turbinato normale Ipertrofia dei turbinati: un turbinato ipertrofico

Le terapie contro l’ipertrofia dei turbinati

Classificazione degli interventi

Non esiste in letteratura un chiaro consenso generale in merito al ruolo svolto dalla chirurgia o da quella che potrebbe essere la metodica chirurgica ideale. Nel corso degli anni è stata proposta una vera e propria moltitudine di tecniche chirurgiche destinate al trattamento della chirurgia dei turbinati inferiori. Si è voluta pertanto definire una classificazione originale e ragionata che tenesse conto in particolare dell’impatto che ciascuna tecnica potesse preservare il più possibile la fisiologia e l’anatomia delle strutture coinvolte (epitelio,mucosa).
In questa ottica è possibile identificare quattro principali categorie di interventi:

1. Interventi extramucosi demolitivi (Turbinectomia totale/subtotale, turbinectomia parziale).
Lo sviluppo di metodiche meno demolitive ha fatto si che questa tecnica fosse progressivamente abbandonata ed eseguita solo occasionalmente e prevalentemente in associazione ad altri interventi chirurgici rinosinusali.
La turbinectomia totale/subtotale rappresenta infatti (da un’attenta revisione della letteratura) potenziali complicanze, determinate dalla normale fisiologia nasale ed identificabili in particolare in una sintomatologia ostruttiva paradossa, tra le altre possibili complicanze si ricordano: manifestazioni emorragiche, talora anche severe, secchezza delle cavità nasali, formazioni di croste, infezioni ricorrenti e nei casi piu gravi forme di rinite atrofica fino all’ozena.

2.Interventi extramucosi di superficie (Diatermocoagulazione, Causticazione chimica, Criochirurgia, Laserchirurgia, Argon Plasma Coagulation). L’elettrocauterizzazione fu in assoluto il primo metodo impiegato per il trattamento dell’ipertrofia dei turbinati inferiori, essendo stata proposta nel lontano 1845. La procedura standard prevede, tramite un elettrodo monopolare o bipolare, la cauterizzazione, condotta da dietro in avanti, della parete mediale del turbinato lungo due solchi paralleli longitudinali. Il calore coagula i tessuti, provocando necrosi e successiva fibrosi, con conseguente retrazione delle pareti molli e contrazione di volume del turbinato. La causticazione chimica della superfice del turbinato, con lo scopo di ridurne le dimensioni, venne introdotta verso la fine del XIX° sec. Come agenti caustici sono stati impiegati l’ac.tricloracetico, l’ac.cromico ed il nitrato d’argento. Non rappresenta una metodica degna di interesse, dal momento che consente solo una modesta riduzione volumetrica, a fronte di una evidente necrosi della mucosa e della potenziale insorgenza di una rinite atrofica.
L’applicazione del laser alla chirurgia riduttiva dei turbinati inferiori risale al 1977. Tale metodica ha offerto la possibilità di effettuare il trattamento dei turbinati inferiori in anestesia locale, a bassa traumaticità, con minimo rischio di emorragia e con elevata compliance del paziente.
In genere le sorgenti di luci laser più comunemente usate in questo tipo di chirurgia sono il laser a CO2 ed il laser a Diodi. Il laser a CO2 non possedendo fibra ottica, ha scarsa maneggevolezza, con notevoli limitazioni di impiego in sedi ristrette, quali le cavità rino-sinusali. Presenta pertanto delle difficoltà a raggiungere la parete posteriore del turbinato inferiore, anche se è stato comunque impiegato per la sua vaporizzazione. Per ovviare a tale inconveniente sono state proposte apposite sonde nasali, con lo scopo di distribuire il raggio in modo molto più conveniente. In generale il laser a CO2 è comunque indicato quando l’ostruzione nasale è provocata da un’ipertrofia della porzione cefalica del turbinato, a differenza del laser a Diodi che è da preferirsi nei casi in cui è l’intero turbinato ad essere ipertrofico. Rispetto al laser a CO2 possiede, nell’ambito della chirurgia endonasale, alcuni vantaggi, quali buone proprietà coagulative, costi inferiori ed ottima maneggevolezza.

3.Interventi di riposizionamento (Lateralizzazione, Concoantropessia).
L’intervento di lateralizzazione ha una procedura semplice, che non comporta particolari rischi o complicanze e rispetta pienamente le funzioni d’organo. Non possiede tuttavia grande efficacia in quanto consiste in un semplice riposizionamento e non tratta quindi la condizione ipertrofica. Si rileva utile unicamente in quei casi il meato inferiore sia particolarmente ampio e quindi in grado di accogliere il turbinato appena dislocato. Consente infine solo un miglioramento temporaneo della pervietà respiratoria, dal momento che inevitabilmente, a distanza di tempo, il turbinato tende a ricollocarsi nella sua posizione originaria.

4.Interventi sottomucosi (Turbinoplasica con techniche ablative: ultrasuoni, radiofrequenze, risonanza quantica molecolare)
Le tecniche calde termoriduttive offrono il grande vantaggio di consentire contemporaneamente taglio/ablazione e coagulo dei tessuti, generando fibrosi e cicatrizzazione sottomucosa, rendendo il turbinato meno predisposto a fenomeni di ingrandimento e congestione.

Il principio sul quale si fonda la tecnologia a radiofrequenze consiste in un rapido e selettivo riscaldamento tissutale, tramite impiego di energia ad alta frequenza, cioè di corrente alternata prodotta da radiazioni elettromagnetiche e dotata di una frequenza pari a 465KHz nel caso dei sistemi monopolari e compresa tra 100 e 4000 KHz per quanto riguarda i generatori bipolari. Il passaggio ed il rilascio di questa energia induce agitazione ionica nei tessuti circostanti la punta dell’elettrodo attivo, generando in questo modo calore.
In definitiva, non’è l’elettrodo a riscaldarsi direttamente, quanto piuttosto i tessuti adiacenti all’elettrodo (tra i 2-4 mm attorno alla porzione attiva dell’elettrodo). L’aspetto più importante di questa tecnica consiste nel fatto che viene impiegata energia a basso livello di potenza (1-15 watts) e basso voltaggio (80 volts), tale da determinare un aumento controllato della temperatura, che si manterrà compresa tra 65°e 90°C, onde evitare fenomeni di carbonizzazione.
In particolare la successione degli eventi prevede:

a. Denaturazione proteica che conduce alla coagulazione tissutale (visivamente risulterà apprezzabile un effetto di sbiancamento della superfice del turbinato).

b. Dopo 24 h la zona trattata sarà circondata da un’alone iperemico a causa del processo infiammatorio.

c. Dopo 72 h si rende ben evidente un’area ellittica di necrosi sottomucosa.

d. Dopo 10 gg la lesione si presenta circondata da fibroblasti del tessuto connettivo, che sostituiscono l’area necrotica, come risultato di un normale processo riparativo.

e. Dopo 2-3 settimane la lesione viene avvicendata da tessuto cicatriziale, che già possiede volume minore rispetto a quello d’origine.

f. Col passare del tempo, il parziale riassorbimento del tessuto cicatriziale determinerà un’ulteriore riduzione volumetrica del turbinato trattato.

Si possono distinguere sistemi di ablazione termica a radiofrequenza di tipo monopolare (Somnoplasty) oppure bipolare (Coblator). Quest’ultimo con il vantaggio di impiego anche nei pazienti portatori di pacemaker cardiaco.
In entrambi i casi l’ago viene di solito inserito nella testa del turbinato e fatto procedere per via sottomucosa parallelamente al cornetto osseo, in direzione della coda, sotto controllo endoscopico. L’inserimento dell’elettrodo, a seconda delle abitudini del chirurgo, potrà avvenire in uno o piu punti del turbinato (testa, corpo, coda). In genere i piu aggiornati sistemi per la radiofrequenza impostano automaticamente i principali parametri di lavoro (potenza, temperatura e tempi di ablazione).

Tuttavia, i limiti di questa tecnica si identificano soprattutto nella mancanza di un preciso “feedback” nei confronti della riduzione volumetrica del turbinato, con impossibilità di quantificare con sufficiente precisione il grado di lesione che si andrà a provocare (col rischio concreto di under o overtreatment). Altro limite è dato da un accesso non ideale alla porzione posteriore del turbinato.

I più comuni effetti collaterali della tecnologia a Radiofrequenza comprendono: dolore nel corso della procedura (in genere facilmente evitabile con una scrupolosa esecuzione di anestetico locale), sanguinamento, crostosità ed edema iatrogeno della mucosa. Proprio quest’ultima manifestazione clinica, portando ad una temporanea compromissione della pervietà respiratoria nasale, costituisce il disturbo post-operatorio maggiormente lamentato dal paziente. L’ostruzione nasale si prolunga mediamente sino a quattro settimane dopo l’intervento.
Altro aspetto degno di attenzione è quello riguardante il numero di sedute necessarie. Pur non essendo ancora chiaro quale possa essere quello ottimale, molti Autori sostengono che i risultati a distanza si rivelano migliori in coloro che ricevono multiple sessioni di trattamento. A quasi tutte le procedure di riduzione sottomucosa, si osserva, già nel corso dell’immediato post-operatorio, un ingrandimento paradosso del turbinato (“rebound swelling”), nonostante nel corso dell’intervento sia apprezzabile un’evidente riduzione del suo volume.
Tale fenomeno permane per almeno una decina di giorni, con graduale contrazione di volume, fino a stabilizzarsi in modo ottimale, circa 6-8 settimane dopo l’intervento. Da non sottovalutare infine, nel bilancio globale di questa metodica, il costo piuttosto elevato dei manipoli monouso. Le procedure a radiofrequenza si rivelano decisamente ben tollerate ed in tutti gli studi comparativi in cui sono state poste a confronto con altre metodiche (laser, turbinoplastica convenzionale, microdebrider) hanno indotto una minore incidenza di effetti collaterali. Tra questi la produzione di croste è stata talora osservata, sino a 2-4 settimane dall’intervento. Il ripristino completo della pervietà respiratoria richiede in genere un intervallo di almeno 4-8 settimane. Dalla Letteratura si evince che con questa tecnologia la riduzione di volume del turbinato ha inizio dalla terza settimana post-operatoria, per raggiungere il massimo alla fine dell’ottava, restando quindi stabile fino alla fine del primo anno.

Il decorso post-operatorio dopo gli interventi contro l’ipertrofia dei turbinati

Al momento della dimissione generalmente la respirazione nasale non è ottimale, in quanto, qualsiasi sia la metodica utilizzata, la mucosa dei turbinati tende a gonfiarsi e a produrre una modesta secrezione sieroematica che si rapprende in croste riducendo gli spazi respiratori. A questo punto è molto importante che il paziente venga messo al corrente di quelli che possono essere i disturbi che potrà manifestare.
Generalmente si può affermare che nei giorni successivi all’intervento chirurgico (complessivamente circa 10 giorni) potrebbe avvertire senso di gonfiore delle mucose nasali, con pervietà respiratoria non ottimale, rinorrea sierosa, sieromucosa o sieroematica, crostosità mucose o mucoematiche. In linea di massima il miglioramento della respirazione nasale non sarà evidente prima d 10-15 giorni dall’esecuzione dell’intervento chirurgico.
In questo periodo di tempo è molto importante che il paziente esegua quotidianamente una corretta igiene nasale, utilizzando unguenti e/o gocce nasali che possano accelerare la guarigione della mucosa dei turbinati ed evitare la formazione di eccessive crostosità.
Altrettanto importante, nella gestione del periodo postoperatorio, risulta l’impiego dei lavaggi nasali.
Anche in questo caso i prodotti in commercio sono numerosi e sono costituiti dalle soluzioni spray a base di acqua di mare, ipertoniche, isotoniche o ipotoniche, anche associandole a terapia aereosolica.

L’acido ialuronico (in commercio come sodio ialuronato 0,3%), ampiamente distribuito nell’organismo, è uno dei costituenti principali di tutte le matrici connettivali. Conferisce alla pelle quelle sue particolari proprietà di resistenza e mantenimento della forma.
Interviene praticamente in tutte le fasi della riparazione tissutale conseguente a traumi indotti dall’atto chirurgico. In seguito alla chirurgia dei turbinati inferiori infatti, si possono verificare alterazioni dell’attività mucociliare e secretoria e della funzione respiratoria nasale. Nei mesi successivi alla “guarigione clinica” interviene nel rimodellamento terminale ristabilendo la funzionalità del tessuto precedente alla lesione, ripristinando l’attività omeostatica del muco.
Ricopre inoltre un importante ruolo nei processi di cicatrizzazione delle superfici mucosali. Numerosi studi hanno confermato il ruolo fisiologico del sodio ialuronato nel distretto respiratorio ed in particolare delle alte vie aeree. Esso è in grado di stimolare la clearance muco ciliare, notevolmente ridotta nelle flogosi nasali croniche, grazie alla quale vengono rimosse le secrezioni sulla superfice epiteliale.
Pertanto il trattamento post operatorio di Sodio Ialuronato si è dimostrato più efficace nel migliorare l’aspetto della mucosa nasale, l’attività mucociliare e la funzione respiratoria, nel processo di cicatrizzazione della mucosa a seguito di intervento chirurgico dei turbinati inferiori, favorendo la riparazione e la ricostruzione dei tessuti.