Le testimonianze dirette di chi sta attraversando il percorso post-infarto possono offrire un supporto per capire che alcune fasi sono tipiche, e possono essere superate. Sia grazie a un proficuo dialogo col medico, e a un corretto uso delle terapie a disposizione per scongiurare i rischi di una recidiva. Sia grazie a un approccio all’evento costruttivo da parte del paziente.
1“Sento un peso al torace”: l’importanza di agire tempestivamente
Quella mattina mi sono alzato all’alba, completamente sudato, facevo fatica a respirare. Avvertivo un peso al torace, un’ oppressione. Non un dolore, ma un malessere strano, mai provato prima. “Cosa mi sta succedendo?”, ho pensato.
In un attimo mi è venuto in mente il mio amico Luca, che l’anno scorso ci ha lasciati per un infarto. La moglie ci aveva raccontato di segnali simili ai miei.
Ho subito svegliato la mia compagna. Senza troppi preamboli le ho detto che forse stavo avendo un infarto, e di chiamare subito un’ambulanza.
Siamo arrivati in ospedale in pochi minuti e tutto è andato per il meglio. Sono stato fortunato: è bastato un intervento di angioplastica, cioè hanno inserito un palloncino nell’arteria per allargarla e permettere al sangue di passare regolarmente.
È stata fortuna? Sì, ma soprattutto tempestività. Come mi ha spiegato il cardiologo, l’infarto impedisce al sangue e all’ossigeno di arrivare al cuore, perciò prima si interviene maggiori sono le possibilità di evitare danni ai tessuti.
2“E adesso che succede?”
Ringraziando il cielo e la bravura dei medici, sono sopravvissuto. Ma adesso? Ho pur sempre avuto un infarto. Tornerò la stessa persona? Cosa cambierà? Sesso? Sport? Cibo? Rischio di avere un secondo infarto? Che vita dovrò fare?
Ho appena 55 anni, non voglio vivere per sempre da malato.
Il medico mi ha rassicurato: seguendo la terapia prescritta, assumendo la giusta dose di farmaci Omega-3, ed eliminando le abitudini rischiose (niente più fumo, tanto per cominciare) potrò condurre un’esistenza praticamente normale e tenere lontana l’eventualità di un secondo infarto.
3Modificare lo stile di vita: un’opportunità per migliorarsi
Ma intanto, francamente, mi sento un po’ giù di corda.
Già faccio fatica a raccapezzarmi tra statine, betabloccanti, anti-ipertensivi, anticoagulanti. Con tutte le medicine che devo prendere potrei mettere su una farmacia.
Mi sento più debole e vulnerabile, ma non sono né stupido né irresponsabile e in ogni caso seguirò alla lettera le indicazioni del medico.
È passato poco più di un mese da quella mattina, e per ora fisicamente sto bene.
Evidentemente i farmaci funzionano, e il supporto di familiari e amici sono decisivi per superare questo difficile periodo.
Mi rendo contro che il segreto per non cadere vittima dell’ansia e della paura è non cercare di fingere che nulla sia cambiato.
Magari questa brutta storia è solo una prova che la vita mi ha messo davanti per permettermi di guardarmi dentro e scoprirmi un uomo migliore.
Il commento dell’esperto
Il Prof. Roberto Volpe, Lipidologo e Ricercatore del CNR di Roma, sottolinea l’importanza della consapevolezza delle cause che hanno causato l’infarto. Il dialogo con il medico e la conoscenza dei fattori di rischio aiutano nella prevenzione secondaria e nel recupero di un corretto stile di vita. E non solo.
“Innanzitutto bisogna sottolineare, come evidenzia anche questo racconto, l’importanza di un intervento tempestivo per la sopravvivenza a un infarto.
Chiamare i soccorsi ai primissimi sintomi risulta spesso decisivo.
Ma una volta usciti dall’evento acuto cosa succede? Come prosegue la vita quotidiana?
Le domande poste dal paziente sono assolutamente legittime, e la risposta è tutta racchiusa nella profonda riflessione con cui si chiude la testimonianza. Paradossalmente, subire un infarto rappresenta un’opportunità per riscoprire un nuovo approccio alla salute, alle relazioni e alla vita in generale. Ad esempio riscoprendo una dieta e uno stile di vita più sani, con più movimento e meno stress.
Superare un infarto rappresenta un’occasione: significa comprendere i fattori che l’hanno provocato, ed essere perciò in grado di modificare cattive abitudini. In altre parole, conoscere il nemico rende più facile combatterlo.
Purtroppo oltre la metà dei pazienti interrompono il “combattimento”, ovvero la terapia, dopo appena 6 mesi dall’infarto, perdendo così una grande opportunità di tenere sotto controllo il proprio fattore di rischio, ed esponendosi all’eventualità di un secondo infarto.
L’aderenza al trattamento, cioè seguire con costanza i consigli del medico sull’assunzione della terapia, è invece fondamentale, soprattutto alla luce dell’efficacia ormai dimostrata di alcune sostanze.
I farmaci di Omega-3 EPA e DHA in concentrazioni superiori all’85%, ad esempio, riducono la mortalità e la probabilità di insorgenza di un secondo infarto, esercitando importanti proprietà benefiche sul sistema cardiocircolatorio. Sono in grado infatti di abbassare i livelli di trigliceridi, uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, e svolgono anche un’efficace azione anti-aritmica. Unica raccomandazione: vanno assunti con regolarità e nei dosaggi prescritti”.