Prevenzione del rischio cardiovascolare: in cosa consiste il nuovo test di valutazione cardiopolmonare che viene eseguito nel suo Ospedale?
Questo test non è una novità assoluta: la comunità cardiologica lo conosce già da qualche tempo, ma è poco diffuso nell’ambito della diagnostica cardiovascolare, perché leggermente più “indaginoso” del normale richiedendo competenze miste, in parte cardiologiche e in parte pneumologiche.
Nell’Ospedale di Copertino lo utilizziamo principalmente sui pazienti con scompenso cardiaco, ma con numeri ancora non elevatissimi.
Il test ha due applicazioni fondamentali. La prima, nei pazienti con scompenso cardiaco molto avanzato, serve a definire qual è il timing esatto per accedere alla lista trapianti, poiché permette di valutare in modo abbastanza preciso la riserva complessiva del nostro organismo nei confronti dello scompenso cardiaco, ovvero quanta energia ancora ci resta per restare in vita.
La seconda applicazione è invece di carattere medico-sportivo, e consente di capire quali sono le capacità di performance massime di un soggetto e quindi quale possa essere il metodo di allenamento ottimale per raggiungere il massimo delle prestazioni da un punto di vista fisico.
Come funziona esattamente il test?
Il test cardiopolmonare funziona come un normale test ergometrico sotto sforzo.
Può essere svolto sia con il cicloergometro, una sorta di cyclette che misura la capacità di lavoro del cuore, sia con il treadmill, cioè il tappeto rotante (tapis roulant, NdR).
Per uso medico in genere si preferisce il cicloergometro, mentre per applicazioni sportive si usa più frequentemente il treadmill, perché riproduce la corsa che è uno degli sport più diffusi.
Nel corso del test, si sottopone il sistema cardio-muscolare-respiratorio a stimoli progressivamente sempre più elevati: durante lo sforzo il paziente respira all’interno di una maschera che misura istante per istante la concentrazione dell’ossigeno e la concentrazione dell’anidride carbonica.
Misurando contestualmente i due gas, è possibile sapere quanto l’organismo sta consumando realmente e quindi quanto è complessivamente impegnato il sistema di produzione di energia, ovvero l’insieme di cuore, polmone e muscolo periferico.
È infatti l’insieme di questi tre elementi che determina la nostra produzione energetica. Ad esempio, la presenza di affanno durante l’attività fisica non significa necessariamente che cuore o polmoni abbiano un problema: molto probabilmente è semplicemente il muscolo poco allenato che non è in grado di estrarre sufficiente ossigeno dal sangue, e lo “richiede” tramite una respirazione più intensa. Quando bisogna testare le capacità di esercizio di un individuo, è necessario perciò valutare contemporaneamente tutti e tre i sistemi, e il test cardiopolmonare è in grado di dirci qual è deficitario rispetto agli altri.
Viene utilizzato solo sui pazienti a rischio?
No, spesso viene consigliato anche a pazienti che lamentano soltanto un affanno durante lo sforzo, pur in presenza di cuore e polmoni in apparenza perfettamente normali. Il test è così in grado di svelare eventuali anomalie e farci capire la natura e l’origine del sintomo.
In tutto questo è cruciale indagare tempestivamente, perché in alcune patologie cardiache risulta decisivo, il grado di compromissione a è arrivato il cuore. Ci sono alcune forme di valvulopatia, ad esempio, che sono molto subdole perché non sviluppano sintomi fino a quando non si trovano in una fase molto avanzata.
Tramite il test cardiopolmonare è invece possibile individuare una patologia asintomatica, e capire se questa sta provocando alterazioni delle capacità funzionali che vanno corrette chirurgicamente.
In definitiva questo è un esame che, lasciando da parte le indicazioni accademiche, può essere utilizzato in molti contesti per cercare di approfondire il significato di alcuni sintomi del paziente, o per stabilire con precisione il momento fisiopatologico di una condizione o di una malattia.