L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) lo definisce come una spiacevole esperienza soggettiva, associata a un danno ai tessuti – effettivo o potenziale – e determinata da
- una componente somatica
- una componente psichica ed emotiva.
Il dolore viene generalmente classificato come acuto e cronico, in relazione alla sua durata, ma può anche essere identificato in base alla causa o al distretto corporeo in cui ha origine.
La sfera emotiva ha in ogni caso la capacità di incidere in modo più o meno marcato sulla percezione del dolore, generando reazioni negative quali
- ansia
- depressione
- disturbi dell’umore
- senso di impotenza e frustrazione.
Le conseguenze emotive prodotte dal dolore possono portare alla nascita di svariati sentimenti, che sfociano tutti nella paura:
- la paura che il dolore diventi ingestibile
- la paura di perdere l’autocontrollo mentale o fisico
- la paura della malattia
- la paura di perdere la propria autonomia
- la paura di morire.
Il dolore è per noi una forza incontrollabile, che genera preoccupazione e per questo viene spesso ignorato o sottovalutato.
È necessario comprendere invece che il dolore non è un nemico da combattere, ma un nostro fedele alleato. Svolge, infatti, funzione di “allarme difensivo”, in quanto sintomo di un potenziale pericolo per il nostro organismo, cioè un “dolore utile”.
È un avvertimento dell’organismo al cervello, che ci consente di mettere in atto meccanismi difensivi per sottrarci allo stimolo doloroso, riconoscerne la causa e riuscire a neutralizzarlo. È quanto accade, in pochi secondi, quando toccando una pentola bollente, di riflesso, spostiamo la mano proteggendola dal danno: sentiamo il dolore, lo definiamo, rintracciamo la causa e provvediamo a riparare il danno subito.
Il dolore, visto da questa prospettiva, perde la negatività di cui lo rivestiamo sin da bambini e può essere ridefinito come la spinta che porta l’essere umano a prendersi cura della propria salute.
È importante imparare a definire il dolore, classificarlo, rintracciarne l’origine e, infine, valutarne intensità e frequenza della comparsa, per aiutare il medico nella scelta e gestione della terapia più adeguata.