Durante il periodo puberale vi è nel giovane una fase di cambiamento legata a variazioni ormonali che possono avere ripercussioni anche importanti sulla sfera psicologica del soggetto in crescita. In questa fase, in relazione a tali variazioni ormonali, iniziano le prime pulsioni sessuali e possono comparire sintomi della sfera sessuale inerenti erezione e/o eiaculazione. Il vissuto pregresso, l’educazione ricevuta, l’ambiente familiare, le caratteristiche parentali rappresentano variabili che possono condizionare l’approccio alla sessualità del giovane.
Disturbi dell’eiaculazione
Nell’adolescente il disturbo della sessualità più frequente è rappresentato dall’eiaculazione precoce considerata come una condizione medica che altera il meccanismo eiaculatorio e che presenta un’incidenza di circa il 20% della popolazione maschile. Le cause dell’eiaculazione precoce possono essere individuate sia in disturbi di tipo organico (prostato-vescicoliti, ipertiroidismo) sia in problematiche più complesse e multifattoriali, di tipo psicologico e sessuologico.
Tra i disturbi dell’eiaculazione viene considerata anche l’eiaculazione ritardata che, sia pur meno frequente, rappresenta una forma molto problematica e di difficile trattamento, legata nell’adolescente all’abuso di sostanze stupefacenti, in particolare del “Popper”. La prevalenza di questo disturbo non è chiara, ma sembra essere compresa fra l’1% ed il 10%.
L’importanza della prevenzione
La campagna di prevenzione andrologica effettuata negli ultimi anni a livello nazionale su iniziativa della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (Androlife), nonché gli incontri informativi nelle scuole eseguite nell’ambito del Progetto di Prevenzione Andrologica Permanente hanno consentito di individuare attraverso questionari dedicati numerose alterazioni della sessualità nel periodo adolescenziale, in particolare disturbi dell’eiaculazione e in minor misura disturbi dell’erezione. In molti casi tali alterazioni sono transitorie, di natura psicogena, o attribuibili ad effetti collaterali legati all’abuso di sostanze.
La disforia di genere…
Il grado di informazione sulla sessualità ricevuta e le fonti delle notizie acquisite rappresentano altresì condizioni che possono modulare l’approccio alla sessualità. È durante questa fase che il soggetto, anche attraverso le modificazioni corporee, si identifica sessualmente e inizia ad avere esperienza delle prime pulsioni sessuali: comparsa delle polluzioni notturne, della libido, delle erezioni spontanee.
In questo ambito alcuni soggetti possono manifestare disfunzioni sessuali, anche transitorie o esprimere un’incongruenza fra il sesso assegnato e la percezione del sé, di intensità variabile, che caratterizza la disforia di genere.
Questa si esprime soprattutto durante il periodo adolescenziale con un significativo disagio solitamente associato all’incongruenza fra il sesso attribuito alla nascita e l’identità di genere. Rappresenta un fenomeno dimensionale che si verifica con diversi gradi di intensità, la cui forma più estrema è accompagnata dal desiderio di riattribuzione di genere. La disforia di genere scardina l’identità e relega l’individuo in un inferno esistenziale ove la risposta suicidiaria è molto elevata.
Conseguenze in età adulta
Per quanto riguarda la disforia di genere dagli studi attuali sembra che solo una percentuale fra il 12% ed il 27% dei bambini diagnosticati con disforia di genere nella fanciullezza la manifesti anche in adolescenza o in età adulta e farà richiesta di riattribuzione di genere completa.
La diagnosi
L’eventuale riconoscimento di disturbi disforici di genere richiede di intraprendere un adeguato percorso sotto l’attenta guida di un’equipe multidisciplinare presso centri specializzati per intraprendere terapie ormonali, percorsi psicosessuologici adeguati fino alla eventuale riattribuzione di genere.
La terapia: ormonale e chirurgica
Durante l’esperienza di vita reale, previa valutazione di condizioni mediche che possano essere esacerbate dalla terapia ormonale, è possibile iniziare un trattamento ormonale.
I criteri minimi per iniziare la terapia ormonale sono:
- un’esperienza di vita reale di almeno tre mesi o un periodo di psicoterapia
- il raggiungimento di un ulteriore consolidamento dell’identità di genere durante l’esperienza di vita reale o la psicoterapia
- il riscontro di progressi nel superamento di problemi legati alla salute mentale,
- la conoscenza degli effetti degli ormoni e la probabilità che il paziente li assuma in modo responsabile.
La terapia ormonale ha come scopi principali ridurre il più possibile i caratteri sessuali secondari, espressione del proprio sesso genotipico e indurre le caratteristiche sessuali secondarie del sesso d’elezione.
Dopo almeno dodici mesi di esperienza di vita reale e almeno sei mesi di terapia ormonale, se il soggetto è consapevole della modalità e dei rischi della riattribuzione di genere e presenta un ulteriore consolidamento dell’identità di genere, è possibile per lui accedere alla terapia chirurgica.