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Tiroidectomia: l’asportazione chirurgica della tiroide

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Patologie come gozzo, noduli e tumori, oppure un semplice ipertiroidismo che non può essere trattato efficacemente con altre terapie, possono richiedere la tiroidectomia, ovvero l’asportazione totale o parziale della ghiandola tiroidea.

In questi casi, il paziente ha spesso molti dubbi e qualche preoccupazione per l’intervento che andrà a subire.

Dott Lombardi: tiroidectomia o asportazione della tiroide
Il Prof. Celestino Pio Lombardi (leggi il curriculum), Direttore dell’U.O. di Chirurgia Endocrina del Complesso Integrato Columbus (CIC) / Policlinico “A. Gemelli” di Roma, risponde ad alcune delle domande che più spesso gli vengono rivolte, rassicurando sul fatto che le moderne tecnologie chirurgiche e l’efficacia delle nuove terapie ormonali sostitutive rendono questa operazione poco “traumatica” per il paziente.

Buongiorno Professor Lombardi, il mio medico mi ha suggerito di rivolgermi a un endocrinologo per valutare la necessità di effettuare dei controlli alla tiroide. Di che tipo di esami si tratta?

La valutazione della tiroide si basa in primo luogo sull’esame clinico del collo e sui test ormonali; l’ecografia è invece in grado di valutare morfologicamente la ghiandola, permettendo la differenziazione tra noduli solidi e cistici e le dimensioni di eventuali formazioni (con l’ecocolorDoppler si valuta anche la vascolarizzazione della ghiandola e dei suoi eventuali noduli). In alcuni casi può essere prescritta la scintigrafia con captazione di un radioisotopo che permette di individuare noduli tiroidei “caldi” (ipercaptanti), o “freddi” (ipocaptanti). L’esame citologico (agoaspirato), effettuato mediante aspirazione dei noduli sotto guida ecografica, permette (in mani esperte) una diagnosi in oltre l’80 % dei casi; è una procedura di semplice esecuzione, poco invasiva e praticamente indolore, con lo scopo di ottenere materiale cellulare per una diagnosi.

L’esame ecografico mi ha diagnosticato un gozzo multinodulare.
Quali sono gli interventi chirurgici che si effettuano sulla tiroide? Quando sono necessari?

Oggi pratichiamo essenzialmente due tipi di intervento: l’emitiroidectomia (o lobo-istmectomia) quando si asporta metà ghiandola (ed eventualmente anche l’istmo), e la tiroidectomia totale, quando viene rimossa completamente. L’indicazione al tipo di intervento viene data in base al tipo di patologia. La tiroidectomia totale è ad esempio l’intervento di scelta nei casi di interessamento patologico dell’intera tiroide o nelle diagnosi di carcinoma. Le indicazioni alla tiroidectomia possono però essere poste non solo per neoplasie ma anche per patologie benigne non controllabili con terapia medica o con trattamento radiometabolico, come gli ipertiroidismi (es. la malattia di Basedow) o, come nel suo caso, il gozzo multinodulare.

Mi sono stati diagnosticati dei noduli alla tiroide e la necessità di un intervento di tiroidectomia. L’operazione presenta dei rischi? E nel caso non potrebbero asportarmi soltanto i noduli?

La cosiddetta “enucleo-resezione”, ossia l’asportazione dei soli noduli, è un intervento assolutamente obsoleto che nel mondo occidentale non si fa più da tanti anni, ma l’intervento di tiroidectomia non è particolarmente pesante per il paziente, soprattutto se eseguito con tecniche endoscopiche mini-invasive, messe a punto proprio in Italia alla fine degli anni novanta. La più affermata è la tiroidectomia video-assistita, conosciuta anche con l’acronimo MIVAT (Minimally Invasive Video Assisted Thyroidectomy), attualmente eseguita di routine in alcuni centri specializzati.

Si tratta di uno degli interventi più eseguiti nel nostro Paese: ogni anno, ne vengono effettuati oltre 40 mila. Sono, infatti, più di 6 milioni le persone che in Italia soffrono di problemi legati alla tiroide. Di questi solo nel Lazio sarebbero 600 mila, di cui almeno la metà a Roma. Nell’80% dei casi si tratta di donne: un quarto ha meno di 40 anni.

Devo effettuare una tiroidectomia: che tipo di anestesia mi faranno?
E l’operazione avrà delle conseguenze permanenti?

Per questi interventi l’anestesia è quasi sempre di tipo generale. Solo in alcuni casi molto selezionati (come ad esempio donne in gravidanza o pazienti con gravi malattie cardio-respiratorie), si può utilizzare anche un’anestesia locale, “bloccando” il plesso cervicale superficiale e infiltrando i piani di dissezione.

Per quanto riguarda le conseguenze, tenga presente che i chirurghi endocrini sono specialisti di altissimo livello, e in mani così esperte le complicanze specifiche della tiroidectomia sono molto basse. Si può avere disfonia (alterazione del tono della voce) e di riduzione dei livelli di calcio nel sangue (ipoparatiroidismo) entrambi – quasi sempre – temporanei, e che possono essere trattati con terapia medica.

Il mio endocrinologo, sulla base delle dimensioni della mia tiroide, ha posto indicazione ad una tiroidectomia totale. Quali saranno i tempi di recupero dopo l’intervento?
Che terapia dovrò seguire poi?

Diciamo che, se non presenterà particolari problemi, addirittura in prima giornata si potrà alzare, camminare e fare colazione.
In caso di emitiroidectomia il paziente può essere dimesso anche il giorno dopo l’intervento. Nella tiroidectomia totale, ovvero nel suo caso, la dimissione in genere avviene in seconda giornata post-operatoria.
La cicatrice dell’intervento in genere diventa inoltre quasi invisibile dopo pochi mesi: come vede il decorso post-operatorio è rapido e privo di problemi.
Anche per quanto riguarda il trattamento successivo non si deve preoccupare: una volta rimossa tutta o parte della tiroide diventa necessaria la cosiddetta terapia sostitutiva con l’assunzione giornaliera di levotiroxina in piccole compresse o in soluzione liquida, ma questa terapia permette di condurre una vita perfettamente normale. Alla dimissione del paziente il dosaggio della levotiroxina viene calcolato in base al peso e, a distanza di qualche settimana, può essere ottimizzato sulla base dei controlli ormonali.

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