Infezioni urinarie batteriche: quanto sono diffuse?
In base alla mia esperienza clinica posso dire che si tratta di un problema in aumento. Le infezioni urinarie batteriche erano in passato molto più frequenti in ambito ospedaliero, mentre oggi la diffusione appare senz’altro più ampia.
Per quanto riguarda le donne, che rappresentano circa i 2/3 dei pazienti, sono la seconda più frequente infezione dell’organismo: per avere un’idea numerica, basti pensare che ad esempio negli USA coinvolgono circa 8 milioni di persone ogni anno.
Sono la più frequente causa di infezione extraintestinale nel sesso femminile in tutte le aree demografiche, oltre che una delle sfide maggiori nella pratica clinica, per la loro elevata prevalenza, frequente recidività, per le numerose comorbidità, e per la difficoltà rappresentata dal rapido evolversi della
resistenza antibiotica.
Qual è l’approccio terapeutico impiegato più di frequente?
Bisogna specificare innanzitutto che maggiore diffusione di utilizzo non è affatto sinonimo di maggiore efficacia: anzi, per gli antibiotici è vero l’esatto contrario.
Gli antibiotici sono sempre stati gli strumenti più utilizzati contro le infezioni batteriche, ma ormai lo scenario sta cambiando ed è chiara la necessità di affiancarli ad altri presidi, per combatterle e soprattutto prevenirle.
Personalmente, osservo ogni giorno nei pazienti una crescente insoddisfazione per i metodi comunemente adottati dal Medico di famiglia, e la ragione principale è la sempre più evidente inefficacia degli antibiotici.
È un equilibrio che si sta spostando. Oggi c’è un minore impegno nella ricerca di nuovi antibiotici, e si replicano quelli esistenti, facendo così “il gioco” dei batteri, che si adattano sempre meglio alle vecchie molecole, con conseguenti difficoltà di trattamento e il manifestarsi delle ricorrenze.
Alcuni ricercatori hanno lanciato l’allarme, e secondo loro stiamo assistendo allo sviluppo di una generazione di “super-germi” resistenti che forse daranno il via a un’era post-antibiotica.
È questa la causa delle recidive delle infezioni?
Quando l’infezione si ripresenta con frequenza, molto spesso non si tratta in realtà di reinfezione, cioè di un ritorno dei batteri, quanto piuttosto di una loro non completa eradicazione dall’organismo ospite dopo il primo “attacco”.
Restano in stato di quiescenza per un certo periodo, poi riprendono vigore e scatenano nuovi disturbi.
Questo meccanismo si verifica soprattutto con i ceppi che possiedono la particolare capacità autoprotettiva di aderire a cellule e tessuti; tra questi ci sono i coli, che sono responsabili del 90% delle infezioni urinarie.
Contro questi batteri gli antibiotici agiscono con maggiore difficoltà e svolgendo tra l’altro la loro azione in tutto il corpo, e non solo nell’area interessata dall’aggressione batterica, producono effetti non desiderati, eliminando ad esempio anche la flora batterica intestinale e vaginale che normalmente svolge un positivo ruolo di difesa.
Si parla spesso di alternative agli antibiotici, ma è davvero possibile farne a meno?
Sì, è possibile, e posso testimoniare che spesso sono le pazienti stesse a chiedere trattamenti alternativi, perché “sentono” che il loro corpo non reagisce in modo favorevole all’assunzione di antibiotici.
Se un primo episodio infettivo non presenta complicazioni, quali la risalita dei batteri verso le vie urinarie superiori, con febbre o dolore nella zona lombare e renale, l’esperienza clinica suggerisce di evitare gli antibiotici, adottando un approccio in grado di neutralizzare la capacità adesiva dei batteri, rendendo molto meno probabile un secondo episodio.
Ad esempio il D-mannosio, uno zucchero molto simile al glucosio estratto da alcuni alberi come larici e betulle, ha una particolare affinità per le fimbrie o pili P, e i flagelli degli enterobatteri, che sono strutture esterne necessarie per il loro movimento e l’adesione alle cellule uroteliali; grazie a questa sua caratteristica si lega facilmente ai batteri responsabili dell’infezione e li trasporta nel tratto urinario, dove saranno eliminati più facilmente con la minzione.
Perché il trattamento risulti efficace, è però importante che la sostanza si accumuli in vescica, e in alcuni casi la frequenza della minzione, caratteristica della cistite, ostacola il processo. Anche l’eccessiva acidità dell’urina è una variabile da controllare per garantire buoni risultati.
Quindi risultati terapeutici raggiunti all’insegna della sicurezza e senza rischio di creare fenomeni di resistenza?
In un attacco batterico delle basse vie urinarie, un simile approccio è sicuro ed efficace, ed esiste evidenza che in certi casi si può fare a meno degli antibiotici: del resto, come dimostrato da uno studio condotto insieme ad altri colleghi, la profilassi antibiotica, anche a lungo termine, non modifica il rischio di ricorrenze.
Da questo punto di vista il D-mannosio rappresenta sicuramente un’opportunità, ma non è l’unica: mi riferisco agli ottimi risultati che si possono ottenere intervenendo sulla protezione del film vescicale con i trattamenti a base di acido ialuronico.
Anzi, si può dire che l’aspetto protettivo sia prioritario, perché senza un’adeguata difesa dell’integrità dello strato di GAGs che riveste la parete vescicale, impedendo ai batteri di penetrarvi, anche il D-mannosio risulta molto meno efficace.
GAGs therapy e D-mannosio possono essere considerati sinergici e insieme rappresentare una risorsa in più nei casi particolarmente complicati.
Qual è il livello di consapevolezza dei pazienti e cosa crea maggiore preoccupazione?
La questione più pressante che viene sottoposta a noi Specialisti riguarda la ricerca di un miglioramento della qualità della vita e di una soluzione rapida al problema, in termini di riduzione della frequenza e dell’intensità degli episodi.
Le pazienti oggi hanno a disposizione diversi canali informativi, il web in primis, ma di solito il Medico riveste ancora un ruolo consultivo di primaria importanza, soprattutto la prima volta che l’infezione si presenta.
Per gli episodi successivi è frequente l’autosomministrazione, e questo rappresenta un problema, perché in tre quarti di questi casi viene solitamente assunto un antibiotico senza un’urinocoltura che evidenzi prima la presenza batterica.
Non sappiamo esattamente da cosa siano innescate le forme croniche abatteriche, ma esiste documentazione sul fatto che nel 30-40% dei casi sono esordite come batteriche, anche se successivamente si osserva la scomparsa dei batteri. Assumere un antibiotico senza la certezza della natura dell’infezione è controproducente, perché si corre il rischio di favorire lo sviluppo di forme non più controllabili con i normali trattamenti, che innescano un processo doloroso a carico dell’apparato pelvico e richiedono terapie di tipo multidisciplinare e per periodi prolungati.
Il grande vantaggio di presidi come D-mannosio e acido ialuronico si rivela anche in questi casi, perché non essendo prodotti battericidi, possono essere assunti ai primi sintomi di un episodio acuto, senza il rischio di pregiudicare i risultati di una successiva urinocoltura, che può essere poi effettuata con più calma per identificare l’eventuale ceppo batterico insediatosi.
In breve, quali sono i consigli fondamentali?
Il problema delle infezioni batteriche ricorrenti è risolvibile e non ci deve essere sconforto o sfiducia nelle pazienti. Soprattutto in età giovanile capita ad esempio di pensare che la cistite sia un fardello che accompagnerà per tutta la vita, ma non è così.
Ci vuole pazienza: oggi esistono i rimedi adeguati, e intraprendendo i percorsi corretti, si può arrivare alla soluzione del problema; in particolare bisogna assolutamente evitare l’autoterapia, che rappresenta la scelta peggiore e può addirittura allontanare e rendere più difficile la guarigione.
Il Medico di famiglia è naturalmente un riferimento importante, ma quando i risultati non sono soddisfacenti può essere necessario rivolgersi a uno dei Centri di riferimento per la cistite diffusi sul territorio, nei quali operano Specialisti di maggiore esperienza, in grado di affrontare tempestivamente ed efficacemente il problema.